Quando parliamo di salute del feto, del neonato e del lattante generalmente pensiamo alla salute del corpo, cioè alla salute fisica e a tutto ciò che è importante fare, fin dalla gravidanza, per provare a proteggerla e a migliorarla.
Sappiamo bene che la tutela della salute fisica materna e fetale è di fondamentale importanza: cento anni fa, a causa delle precarie condizioni di vita, della guerra, della povertà, della fame, e dell’assenza di un servizio sanitario nazionale, la mortalità al parto, dopo la nascita e al di sotto dei cinque anni di vita era infatti di circa 200 bambini ogni mille nati. Oggi, questo numero è sceso a circa 2,5 su mille, grazie al miglioramento delle cure antenatali e pediatriche e alla tempestiva presa in carico delle situazioni più complesse: per fare un esempio, negli ultimi venti anni sono leggermente migliorati anche i tassi di morte in utero e di morte perinatale.
Dai primi anni duemila finalmente si è cominciato a dare una maggiore attenzione anche alla salute psichica e al benessere relazionale dei bambini e delle bambine, fin dalla gravidanza: molti enti, associazioni e fondazioni, hanno iniziato ad adoperarsi concretamente per migliorare la salute e il benessere globale dei bambini e delle bambine, iniziando ad occuparsi anche della salute e del benessere dei genitori in attesa. Numerosi studi, dal secondo dopoguerra in poi, hanno sottolineato che, per permettere ad ogni bambino di crescere in salute e stare bene, occorre tutelare e proteggere non solo la sua salute fisica, ma anche il suo benessere psichico e relazionale.
Ciò che può fare la differenza e permettere ad ogni bambino e bambina di raggiungere il miglior livello di salute e benessere possibile è la cura affettuosa e attenta degli adulti di riferimento: anche se lo sappiamo da molti anni, anche se gli esperti e le istituzioni raccomandano la genitorialità responsiva, l’opinione pubblica tuttavia stenta a riconoscerne le potenzialità e spesso minimizza l’importanza delle cure responsive o addirittura le critica.
A causa di questa distanza tra istituzioni e persone comuni, molte famiglie e molti genitori non sanno di possedere uno strumento importantissimo per il loro benessere e quello dei loro bambini e quindi non lo usano. Crescere un bambino senza coltivare la propria responsività è un’occasione persa, sia per il benessere dei genitori che per quello dei bambini.
Cosa vuol dire essere un genitore responsivo?
La genitorialità responsiva è la capacità degli adulti di “essere presenti” e rispondere ai bisogni di quello specifico bambino in modo pronto, affettuoso e adeguato. È un esercizio quotidiano, una pratica, la genitorialità responsiva, che si impara sul campo, giorno dopo giorno, anche dagli errori di valutazione e dalle risposte sbagliate:
non si tratta di soddisfare tutte le richieste del bambino come se fossero ordini,
si tratta di stare in relazione e offrire le risposte più adeguate e accoglienti possibili, date le circostanze.
Essere responsivi significa anche saper notare quando quel bambino ha bisogno di comunicare con noi, saper comprendere il messaggio che sta mandando (anche solo con uno sguardo o un gesto), e rispondere in modo coerente alla domanda. Essere responsivi significa aspettare la richiesta e non anticiparle tutte, così da “fare prima” o da “fare tutto bene subito”.
Semplificando molto, essere responsivi significa ad esempio intercettare le diverse tonalità di pianto, imparando a distinguere quale vuol dire fame, quale stanchezza, quale fastidio etc…, ma anche ricambiare un sorriso o sorridere per primi, con calma e fiducia. Essere responsivi significa inoltre stare accanto al bambino nelle sue prime esplorazioni, prestare attenzione e incoraggiare con pazienza.
La responsività è un’attitudine del genitore o del caregiver di riferimento che permette di avviare vero e proprio dialogo emotivo, in cui il bambino si sente visto, ascoltato, accolto, perché noi lo osserviamo, lo vediamo, lo pensiamo, e grazie alla nostra presenza, fisica e psichica, gli permettiamo di esplorare e crescere. Questa connessione, fatta di sintonia e di crescente fiducia, ha effetti straordinari: non solo sul piano affettivo, ma anche sullo sviluppo del linguaggio, della mente, delle emozioni e persino del corpo.
Secondo gli studi più recenti, infatti, occuparsi del benessere psichico e relazionale migliora ANCHE la salute del corpo: non dovrebbe sorprenderci, perché noi siamo il nostro corpo, la nostra mente è parte del corpo e corpo e mente rappresentano un continuum, grazie a un sistema complesso di scambi tra le varie aree cerebrali, le ghiandole che producono i nostri ormoni e presiedono dunque il funzionamento degli organi e degli apparati.
Le cure responsive producono effetti sulla crescita e sullo sviluppo.
Coltivare la nostra responsività è un investimento per la salute delle prossime generazioni (e per la nostra)
Secondo una revisione della letteratura scientifica pubblicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, i bambini che crescono con genitori responsivi sviluppano un QI più alto, hanno meno problemi comportamentali, sono più socievoli e sicuri di sé. E questi effetti durano nel tempo, fino all’adolescenza. Non solo: la responsività, come dicevamo, protegge anche la salute fisica. Nei Paesi più poveri, i bambini malnutriti che ricevono cure affettuose e attente crescono meglio, parlano prima, sono più attivi: sono bambini che pur avendo da gestire alcuni problemi di salute fisica, stanno globalmente bene, grazie alla qualità della relazione con chi li accudisce.
Si può imparare a essere più responsivi?
Ad essere più responsivi si impara!
Ogni genitore, se ben sostenuto, può fare grandi progressi, anche quando, per tutta una serie di ragioni, la responsività non è proprio il suo forte.
La gravidanza è un tempo estremamente prezioso per allenare la responsività, imparare a prestare attenzione alle piccole cose e anche per iniziare a confrontarsi con altre persone che stanno affrontando la stessa esperienza.
Questi sono alcuni interventi che promuovono la responsività:
- il sostegno tra pari, fin dalla gravidanza, è una preziosissima risorsa per tutti e due i genitori, e persino per i nonni.
- la psicoeducazione con operatori formati, per affrontare insieme le difficoltà e le incertezze della genitorialità
- la mindfulness, una risorsa preziosa per la salute di genitori e bambini;
- gli incontri di gruppo che promuovono la condivisione di lettura, canti, musica, massaggio o gioco libero tra madre e bambino o tra padre e bambino;
- le visite a domicilio da parte di personale esperto di area perinatale.
L’associazione CiaoLapo ha attivato qualche anno fa il progetto Arcobaleno, che offre sostegno ai genitori che affrontano una gravidanza successiva ad una o più perdite precedenti e promuove tra le varie cose l’automutuoaiuto tra pari, la gestione dello stress con la mindfulness e la condivisione della lettura ad alta voce di albi illustrati, fin dalla pancia.
Tutte queste strategie aiutano i genitori a diventano più attenti e consapevoli.
Per crescere un bambino, occorre un villaggio per nutrire i genitori, affinché i genitori possano nutrire i loro bambini con una relazione responsiva.
Perché è così importante parlare delle cure responsive dopo un lutto perinatale?
Dopo un lutto perinatale, la gravidanza successiva può essere vissuta con forti emozioni contrastanti: speranza e timore, gioia e ansia, paura che tutto accada di nuovo e nostalgia per il bambino che non c’è più.
In questa delicata situazione la gravidanza può diventare un tunnel, lungo e stressantissimo: per i genitori, che pure sentono di volere molto bene anche a questo nuovo bambino, spesso tanto cercato e desiderato, può essere ugualmente molto difficile concentrarsi giorno dopo giorno sul bambino e abitare attivamente, con attenzione partecipe, dolcezza e tenerezza, la relazione che stanno costruendo con lui. Dopo un evento traumatico è difficile lasciarsi andare pienamente a vivere l’amore, la spensieratezza e la gioia della presenza, soprattutto quando intorno a noi le persone, familiari, amici, medici, operatori sanitari ci chiedono di “non pensare più alle brutte cose del passato” e di “pensare positivo”, aumentando il senso di inadeguatezza e di angoscia che accompagna molte gravidanze successive al lutto.
Le difficoltà a vivere pienamente e in modo responsivo la nuova genitorialità non cessano neanche dopo la nascita, anche quando va tutto bene, dal punto di vista della salute fisica: la responsività può essere influenzata dal lutto non ancora completamente elaborato, dalla preoccupazione che possa comunque accadere qualcosa di brutto, dal bisogno di controllare tutto, come se fossimo in perenne emergenza, dall’estrema stanchezza provocata dall’ansia e dalla mancanza di un villaggio che ci accolga così come siamo, e ci permetta, mese dopo mese, di esercitare la responsività e beneficiare della gratificazione che la relazione responsiva offre anche a noi adulti.
Dopo un lutto perinatale, così come se abbiamo storie di vita complicate, o se abbiamo avuto infanzie faticose, può essere quindi molto difficile esercitare l’arte della responsività, imparare a riconoscere e imparare a rispondere in modo responsivo ai segnali del nostro neonato: sapere cosa può fare la differenza, sapere che tipo di aiuto chiedere, sapere che non siamo i peggiori genitori sulla terra e che i primi mille giorni sono un tempo che abbiamo a disposizione per migliorare, per essere genitori “sufficientemente buoni” e per coltivare al meglio la relazione con il nostro bambino e quindi la sua salute riduce la fatica e migliora il benessere di tutti.
In conclusione
Essere un genitore responsivo è una pratica quotidiana: si impara, e si può sempre migliorare, perchè tutto cambia di continuo, il nostro bambino cresce a vista d’occhio e ogni momento è il momento giusto per coltivare il bene reciproco e offrire una base sicura e accogliente al nostro piccolo.
La responsività richiede tempo e lentezza: questo momento storico enfatizza la velocità e il risultato a scapito del processo, bisogna correre, diventare subito autonomi, mostrare immediatamente capacità che non sono mai innate, ma richiedono di essere costruite e validate nel tempo: vale per i genitori, vale per i neonati, i lattanti e i bambini.
Le interazioni quotidiane, le coccole, i giochi, le parole dolci, il silenzio abitato “cuore a cuore”, scambiarsi sguardi accoglienti, abbracciare, cantare le vostre canzoni, non sono perdite di tempo, non sono vizi, non creano danni a nessuno.
Se però ci sentiamo quotidianamente troppo stanchi, arrabbiati, confusi, tristi per fare queste cose, questa potrebbe essere segnale di una fatica che chiede un sostegno strutturato: prima chiediamo aiuto, prima possiamo lasciarci alle spalle i momenti difficili, che riguardano normalmente15 neomamme su 100 senza lutti perinatali precedenti e ben 30 neomamme su 100 con lutti perinatali alle spalle.
Purtroppo gli studi sui papà sono pochi, e qui pochi, ci dicono che fare il papà responsivo dopo un lutto può essere un processo faticoso.
Non siete sole, non siete soli: c’è sempre un villaggio che può comprendere il vostro sentire, di genitori “tra cielo e terra”.
Approfondimenti
Ho approfondito il tema della responsività in due saggi usciti recentemente per UPPA edizioni:
Il viaggio eroico dell’essere genitori, 2024, che puoi acquistare a questo link
Mindfulness – Genitori e figli senza stress, 2025 che puoi acquistare qui